lunedì 2 luglio 2012

diritto d'autore ad minchiam



Ognuno ha le sue dipendenze.
Io, che non mi faccio mancare - quasi - nulla, ne ho una lista di 3 cartelle tra cui la "dipendenza da fiction" sgomita dalle prime posizioni.
Già li vedo i nasi in su di tanti -pseudo- cinefili, pronti a giurare con una mano sul cuore e l'altra sul manifesto del collettivo dogma95, eterna fedeltà al cinema d'autore. Che poi, ce ne fosse uno che a domanda diretta "per favore puoi definirmi cinema d'autore" sappia organizzare una frase di senso compiuto. Roba che ti viene da consigliare l'uso di qualche libro (anche semplici eh, tipo il sussidiario) tra un film d'autore e un altro, ma questo è un'altro discorso.
Comunque. La mia "nuova" serie preferita è HIT and MISS . Serie che dal mio punto di vista conferma la qualità dell'industria inglese. Voglio dire che è fatta bene, che mi piace la regia, la fotografia, la musica, gli attori, la post (cazzo, la post!) e sopratutto mi piace la storia. Non che abbia una particolare predilezione per le storie di transessuali non operati che di mestiere fanno i killer e che scoprono di avere un figlio e una famiglia di cui doversi occupare. Ma insomma, esisterà qualcosa oltre polizia-avvocati-medici proposti e propinati in qualsiasi salsa, no?

E quindi guardavo la splendida Chloe Sevigny nei panni di Mia e pensavo: ma cosa ci manca a noi (italiani) per fare una serie fatta così bene? E sia chiaro non sto parlando di bella/brutta, parlo di accuratezza, di sensibilità, di capacità tecniche e artistiche. I soldi, direte voi. E per carità, dico anche io, ma aggiungo che è un falso problema, ed è un problema secondario (ne senso che viene per secondo, abbiate pazienza che ci arrivo). E comunque a parte pochi casi (credo Montalbano, Coliandro e poche, pochissime altre) le fiction italiane sono fatte per il mercato italiano, non per quello europeo, figuriamoci per quello mondiale. Le produzioni non investono soldi propri (e come potrebbero?) e quello che c'è deve bastare. Siamo minestrari, tanto per usare un termine amato nel calcio. Ma le professionalità ci sono. Siamo perfettamente in grado di fare ottimi film e splendide serie. Non credo di dover fare una lista di registi, dop, scenografi, operatori, truccatori, parrucchieri, costumisti e via via fino alla classica "ultima ruota del carro" per dimostrare quanto questo sia vero. Ma allora?



Cosa si deve fare per poter avere tra le italiche produzioni anche delle storie diverse? Perchè il "pubblico" italiano deve essere visto come un' entità astratta e bineuronale dai vari finanziatori e/o produttori e/o distributori (che spesso, troppo spesso coincidono)? 
Vi immaginate di poter vedere in tv delle immagini tipo questa? ***ATTENZIONE*** SI VEDE UN PENE E NO, NON SI TRATTA DI YOUPORN!!

Credevate forse di poter essere trattati da adulti, credevate di essere in grado di apprezzare la struggente tenerezza e malinconia delle sequenze in cui Mia si colpisce ripetutamente tra le gambe, odiando un corpo che in parte non le appartiene? Dice che è per rispetto al pubblico, lo stesso pubblico ritenuto interessato a conoscere tutti i particolari della passera  farfalla della Belen di turno. Con tutto il rispetto per le farfalle chiaramente, che ognuna di noi, della sua farfalla, ne fa ciò che desidera. Ma non è detto che tutti dobbiamo necessariamente esserne interessati.




Mi torna in mente un post un po' datato di Anne, al secolo Anne Riitta Ciccone, autrice e regista. Una di quelle che sa cosa dire e guarda un po', sa anche come raccontarlo. Nel post linkato (fateve del bene, leggetelo - tra un film d'autore e un altro) Anne racconta la vicenda dell'intossicazione da segale cornuta durante una messa a Campobasso. Quello che per i comuni mortali è un "se lo racconto non ci crede nessuno", per un autore diventa un "se lo metto in un film, non ci crede nessuno". E poi va ancora oltre, e tocca secondo me il punto centrale (vabbè semi-centrale) di questo post: il famigerato "Ma secondo te si capisce?". Cito una parte del post, giusto per far capire a chi non ha mai assistito a nessuna fase della produzione di un film, da dove partono le magagne

è vero che una delle cose più stancanti di questo mestiere sono quei referenti con cui devi rapportarti, da produttori a finanziatori diretti e indiretti, che non sanno esprimere altro che:
ma secondo te, si capisce?
ma questa cosa, come è possibile?
ma secondo te è credibile?

Non sarà un po’ troppo? (….)

Quindi ti succede di limitare costantemente l’uso dell’attrezzo base su cui si fonda il lavoro del fare cinema (scriverlo, dirigerlo, fotografarlo, etc): la fantasia.
ed ancora:
 immagini bene i dialoghi che avranno avuto con il funzionario di turno e che ha portato a tanta desolazione:
“Ma qua non si capisce”
“Ma questo come si spiega?”
“Ma faglielo dire, no, che lui non ama più lei?” (come se una scena in cui ne strappa le foto non fosse abbastanza).
“Dai, così non è credibile. E’ troppo grottesco”. (come se, anche fosse grottesco, non sarebbe una meravigliosa conquista di genere. Da noi grottesco è diventato un insulto).
Ci troviamo davanti a queste sceneggiature in cui pedissequamente e come se il pubblico fosse tutto cretino ti dicono già dai titoli di testa cose tipo “Oh vedi, sono stato licenziato, mannaggia! E ora come farò?” , poi incontra la mamma “Ma ti hanno licenziato e tu hai due bambini, come farai?” e lui poi va a cercare lavoro e dice “Siccome sa, io ho due bambini e quindi devo lavorare…” e magari con una triste gag di lui che inciampa nel tappetino all’ingresso finendo con le  mani sulle tette di una, a dire che sì, è un disoccupato ma siamo in una commedia. Togli caduta- tappetino- con- mani- su- tette, e lo stesso soggetto identico con gli stessi dialoghi funge da versione drammatica /autoriale.
Ecco, questo è il contesto. O meglio, questa è la punta dell'iceberg. Questo è il paese dove prima di rovinare un film si riesce a rovinare una storia. Aborti preventivi.

Allora, per cortesia, fatemi il Razzo di piacere di non farmi i "cosi" a peperini con la difesa del diritto di autore, perchè nun ve ne po' fregà de meno dell'autore. Perchè mentre ci raccontate che il pubblico ladro non rispetta il lavoro autoriale, voi siete lì con le vostre penne rosse a mortificare autori e sceneggiatori, a rendere il loro lavoro paragonabile a quello di un alunno di terza (elementare), banale e noioso.
Che tipo di diritto state proteggendo quando un film viene interrotto ogni 20 minuti da un quarto d'ora di pubblicità? Ad essere cattivi si direbbe che i film servono solo per vendere la pubblicità..

Fatevi un favore, lasciate gli autori liberi di scrivere, di usare l'attrezzo fantasia (per dirla con parole di Anne), di scegliere cosa fare delle loro opere, lasciate che sia il pubblico a decretare cosa gli piace e cosa no, lasciateci guardare i film che non verranno mai girati e quelli girati che non avranno mai una distribuzione. Smettetela di decidere cosa, come, quando dobbiamo guardare un video. Solo in quel momento, solo quando sarete i primi a rispettare gli autori potrò credervi ancora.






Per la cronaca:

-non credo che in Italia venga prodotta solo spazzatura, siamo capaci di girare ottimi film con pochi capitali. E lo abbiamo dimostrato.

-non credo che tutti i produttori/finanziatori/distributori siano signorine Rottermaier, ma credo che queste abbiano una vita più tranquilla

-non credo che tutti gli autori siano dei geni ne' penso che tutta la produzione debba essere "di qualità", possiamo però arrivare almeno ad un 50 - 50?





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